Gli enzimi cardiaci, o marcatori di lesione miocardica, sono proteine localizzate nel miocardio e nei muscoli scheletrici, e ni soggetti sani sono presenti in piccole quantità anche nel sangue. L’alterazione di questi valori indica un’anomalia a carico del cuore (ischemia, scompenso cardiaco, angina pectoris). Ad oggi, rappresentano un valido supporto per la diagnosi di una necrosi.
Cosa tratteremo
Perché si misurano gli enzimi cardiaci?
L’interesse clinico per la misurazione degli enzimi cardiaci è strettamente legato alle anomalie del miocardio. Tali proteine, infatti, sono in grado di individuare e quantificare i danni causati da un’ischemia prolungata, nonché il rischio di sviluppare una specifica patologia (miocardite, angina pectoris, scompenso cardiaco, sindrome coronarica acuta o infarto).
Il rilascio di enzimi cardiaci nel sangue in grandi quantità conferma un infarto del miocardio acuto in corso, una sofferenza cardiaca o uno stress significativo.
Tuttavia, i valori di questi marcatori di lesione possono risultare alterati anche a seguito di uno sforzo fisico eccessivo e prolungato, un trauma o un recente intervento chirurgico, ma anche in caso di distrofia muscolare o embolia polmonare.
Gli enzimi cardiaci in esame sono: la creatina fosfochinasi (CK o CPK), il lattato deidrogenasi (LDH), la mioglobina, la troponina I e l’aspartato aminotransferasi (AST o GOT).
Come determinare la necrosi attraverso gli enzimi cardiaci
Gli enzimi cardiaci utili per diagnosticare l’infarto del miocardio vengono classificati in precoci e tardivi. I primi consentono di individuare una necrosi in un tempo minimo di 6 ore dall’inizio dell’evento traumatico, e sono:
- creatina chinasi: oltre a segnalare in poche ore l’evento, è indispensabile per monitorare i danni causati dall’infarto pregresso.
- Troponine: queste proteine sono indicatori di una necrosi e di altre patologie a carattere infiammatorio ed ischemico.
- Mioglobina: il marcatore è tra i più utilizzati per escludere oppure confermare un infarto del miocardio in corso. Tali valori iniziano ad aumentare dopo 2-4 ore dall’evento raggiungendo livelli più alti entro 8-12 ore dopo l’attacco cardiaco.
Alcuni valori possono subire delle modifiche sostanziali anche in presenza di malattie muscolari, ictus cerebrale nonché epatopatia.
Gli indicatori tardivi (si modificano dopo 6 ore dall’infarto) sono:
- lattato deidrogenasi o LDH: l’enzima, presente in numerosi tessuti, metabolizza il glucosio trasformandolo in energia utile per l’organismo. Si tratta di un indicatore generale di danno a livello cellulare e tissutale.
- Aspartato aminotransferasi: l’enzima si trova nel fegato e nel miocardio. Nei soggetti sani e in condizioni normali i valori si mantengono piuttosto bassi, ma in caso di danni al cuore, al fegato oppure ai muscoli le transaminasi nel sangue aumentano. Tuttavia, il valore dell’enzima non fornisce informazioni diagnostiche aggiuntive rispetto a quelle fornite dalla creatina chinasi.
Come si misurano gli enzimi cardiaci
I marcatori di necrosi vengono misurati su un semplice campione di sangue prelevato a digiuno da una vena del braccio. In alcuni casi, potrebbe essere necessario raccogliere il campione di indicatori da una specifica parte del corpo (di solito nei pressi del cuore) mediante una speciale procedura.
Tra l’altro, alcuni medicinali possono interferire con i risultati influenzandoli; per cui prima di eseguire il test è sempre bene informare lo specialista di un’eventuale terapia in corso.
Ogni quante ore bisogna ripetere l’esame?
Per una corretta interpretazione dei risultati, dopo il primo prelievo in Pronto Soccorso, bisogna eseguirne altri a distanza di 4-6 ore ciascuno. Nell’attesa dell’esito, il paziente deve rimanere in ospedale in osservazione per almeno 13-16 ore dall’ingresso in struttura.
Dai risultati ottenuti, il personale medico può stabilire un ricovero immediato d’urgenza, oppure una semplice terapia.
Interpretazione dei risultati
Uno o più valori alterati dei marcatori indica la presenza di un danno miocardico causato da un’ischemia prolungata, stabilendone anche l’entità. Le troponine cardiache, ad esempio, rivelano una miocardite o un’angina pectoris; la creatina chinasi riconduce a malattie muscolari, infarto o affaticamento; la mioglobina segnala una miopatia; il lattato deidrogenasi è indicatore di un infarto pregresso.
In ogni caso, è bene precisare che per una corretta interpretazione dei risultati bisogna tenere in considerazione anche i dati di ulteriori analisi suggerite dal medico curante e dell’intera storia clinica del paziente. Valori bassi non sono indice di patologie particolari.