Prodotte principalmente dalle cellule del pancreas e dalle ghiandole salivari, le amilasi sono delle proteine coinvolte nelle reazioni biologiche dell’organismo. Ad esempio l’immagazzinamento dell’amido presente nel cibo e la digestione dei carboidrati. Solitamente, questi enzimi sono presenti nel sangue in minime quantità. L’eventuale aumento nella concentrazione ematica e urinaria è indice di un danno a carico delle cellule del pancreas (patologie, infiammazioni oppure ostruzioni nel canale pancreatico causate, ad esempio, dai calcoli biliari). Ma come si misurano le amilasi? E quali sono i fattori decisivi per una corretta interpretazione dei risultati?
Cosa tratteremo
Amilasi: i valori normali e anomalie
Le amilasi sono enzimi coinvolti nella digestione dei carboidrati assunti con la dieta. La loro presenza nel sangue o nelle urine è indice di danni più o meno seri al pancreas (pancreatite acuta o cronica, tumore, patologie della cistifellea, ulcere perforate, blocchi dei tratti intestinali, parotiti). La concentrazione ematica di queste proteine prende il nome di amilasemia, mentre quella nelle urine si chiama amilasuria . Entrambe vengono rilevate mediante un semplice test, non di routine. L’esame viene prescritto in caso di dolore addominale severo, inappetenza, febbre, dimagrimento repentino e senza causa apparente, cattiva digestione, nausea, meteorismo, gonfiore addominale.
In un soggetto sano i valori normali dovrebbero corrispondere a:
- amilasi nel siero: circa 1-225 U.I./l
- amilasuria: 25-1.500 U.I./24 ore
- frazione salivare: 17-135 U.I./l
- frazione pancreatica: 17-115 U.I./l.
Le amilasi nel sangue o nelle urine potrebbero aumentare anche nel caso di una gravidanza extrauterina, ovvero quando l’ovulo si innesta in una sede diversa dall’utero.
Le amilasi alte in genere rappresentano un campanello d’allarme perché indice di:
- cancro alle ovaie, ai polmoni o al pancreas
- pancreatite acuta o cronica
- insufficienza renale
- infezione delle ghiandole salivari
- macroamilasemia
- ulcera perforata
- fibrosi cistica
- calcoli alla colicisti
- ostruzione intestinale
- gastroenterite virale
- gravidanza extrauterina, altrimenti nota come ectopica
- tossiemia gravidica, meglio conosciuta come preeclampsia o più semplicemente gestosi.
Amilasi basse, di solito, non dovrebbero destare alcuna preoccupazione. Tuttavia, se il valore dovesse scendere ed essere compreso tra 1 e 99 U.I. potrebbe indicare un’insufficienza pancreatica oppure un danno permanente delle cellule pancreatiche produttrici.
Relazione tra amilasi e pancreatite
La pancreatite è in genere legata a sintomi quali inappetenza, febbre, dolore addominale, nausea o presenza eccessiva di grasso nelle feci (nei casi più seri). Con la pancreatite acuta l’amilasi aumenta di 4-6 volte il valore normale. In caso di pancreatite cronica, invece, i livelli sono moderatamente elevati. La patologia può essere causata da alcolismo ma anche da traumi di diversa natura (forte colpo all’addome, interventi chirurgici, manovre diagnostiche non eseguite correttamente).
Esame amilasi: in cosa consiste e come prepararsi
Le amilasi si misurano tramite un comune prelievo di sangue venoso, prima del quale è necessario osservare un digiuno di almeno 8 ore, durante le quali è ammesso solo assumere una modica quantità di acqua. L’esame delle urine, invece, avviene mediante la raccolta delle stesse nell’arco delle 24 ore, all’interno di un contenitore specifico sterile e monouso, acquistabile in farmacia o da richiedere presso lo stesso laboratorio in cui effettuare il test.
Quando e perché si rende necessario richiedere l’esame delle amilasi?
Il test delle amilasi non rientra tra quelli di routine (l’emocromo, ad esempio). In genere, l’esame del sangue rispetto a quello delle urine costituisce il metodo più comodo per ottenere risultati in tempi brevi. Viene prescritto quando il medico sospetta una possibile pancreatite, un cancro, un’ostruzione intestinale, oppure un’alterazione o un’infiammazione a carico dello stesso organo avvalorate da alcuni sintomi manifestati dal paziente. L’esame potrebbe altresì essere prescritto nell’ipotesi in cui i disturbi avvertiti dal paziente riconducano a una possibile epatite cronica o a una colica ai dotti biliari. La richiesta del test può avvenire anche per valutare e monitorare l’efficacia di una terapia farmacologica nel corso del tempo.